Veloce come un treno. C’è voluto poco a trovare il soprannome per Marcos Evangelista de Moraes Cafu. A Roma è diventato in poche settimane il “pendolino”, come il treno più veloce dell’epoca.
Nato a San Paolo il 7 giugno 1970, Cafu inizia a giocare da attaccante nel San Paolo e, pur arretrando a terzino nel corso degli anni, non perderà mai la sua propensione offensiva. Conquistato il primo titolo mondiale in nazionale contro l’Italia nel 1994, viene portato in Europa dal Real Saragozza nel gennaio 1995, ma l’esperienza dure appena cinque mesi e se ne torna in Brasile.
Arriva alla Roma nel 1997, proveniente dal Palmeiras con cui ha vinto di tutto: un campionato brasiliano, 4 tornei paulisti, Coppa Libertadores, Coppa Intercontinentale, Supercoppa e Recopa Sudamericana. Cafu si presenta il 1° luglio 1997 mostrando di avere le idee piuttosto chiare: «Aldair mi ha detto che sarà un’esperienza importante, mi ha parlato molto bene della città. Io so che qui non si vince da tempo. Se sono venuto è per aiutare la Roma a cambiare tendenza. Nelle squadre in cui ho giocato ho sempre vinto, dal San Paolo al Real Saragozza». Cafu ha studiato bene anche la storia romanista: «Conosco la squadra giallorossa dai tempi di Paulo Roberto Falcão. E’ stato lui a portarmi per la prima volta in nazionale». Il “Barone” Liedholm, all’epoca collaboratore tecnico del presidente romanista Franco Sensi, sentenzia: «Mi ricorda Rocca».
Con il gioco di Zeman, che esalta il gioco sulle fasce, Cafu va a nozze, a volte a scapito della fase difensiva. L’esterno destro brasiliano, palla al piede, è velocissimo e fornisce palle preziose per gli attaccanti. I tifosi rimangono immediatamente colpiti dalla sua velocità e gli dedicano un coro che passa alla storia, sulle note di Pinocchio: «Cafu, Cafu, accendi il pendolino. Cafu, Cafu, e scendi sulla fascia. Cafu, Cafu, ma fai le cose in fretta. Cafu, Cafu, c’è Balbo che ti aspetta». L’attaccante argentino, nonostante soffra un po’ gli schemi di Zeman, realizza 14 reti, anche grazie agli assist del brasiliano. Il “pendolino” giallorosso invece vede poco la porta: talvolta gli capita di andare al tiro, ma è spesso impreciso.
Il suo exploit da bomber è datato 3 ottobre 1999 quando segna una doppietta, trascinando i giallorossi al successo per 3-1 in casa della Fiorentina: Cafu trafigge Toldo con due fiondate dalla lunga distanza. Si toglie una bella soddisfazione anche nell’anno dello scudetto realizzando il terzo gol, stavolta di testa, nella indimenticabile trasferta di Bari del 20 maggio 2001. La Roma, sostenuta da 25 mila tifosi venuti dalla Capitale, si impone 4-1. Pur apprezzando il modulo offensivo di Zeman, Cafu si trova a meraviglia con Capello, che subentra al tecnico boemo nel 1999. L’allenatore di Pieris porta una mentalità vincente che piace al paulista e infatti la Roma vince lo scudetto.
Veloce, tecnico, bravo nel dribbling e negli assist, Cafu diventa la spina nel fianco delle difese avversarie ed è uno dei cardini del gioco di Capello, che lo sposta a centrocampo optando per la difesa a tre. Libero da impellenti compiti di copertura, fa faville nella Roma del terzo scudetto, nel 2001. Eppure l’anno del tricolore si apre sotto i peggiori auspici: il 22 settembre 2000 la Roma perde 4-2 contro l’Atalanta, venendo eliminata dalla Coppa Italia, e i tifosi giallorossi danno vita a una feroce contestazione a Trigoria. Cafu è vittima di insulti razzisti e la sua automobile viene presa a calci e pugni. «Il calcio è morto – dice amareggiato – non c’è più allegria e se troverò una piazza più tranquilla di Roma sarà mio diritto andarmene. Non voglio pensare a quello che sarebbe potuto accadere se uno dei vetri della mia macchina avesse ceduto alle violenze dei tifosi. Avevo i miei figli con me, poteva succedere una tragedia».
Ogni malumore viene dimenticato grazie allo splendido cammino dei ragazzi di Capello. Il 17 dicembre 2000, nel derby, Cafu compie un gesto tecnico destinato a restare negli annali della stracittadina: trovandosi di fronte Nedved, non uno qualsiasi, lo scavalca tre volte consecutivamente con altrettanti pallonetti facendogli passare la palla sopra alla testa, “calcio samba” puro. «J’ha fatto la riga ai capelli», le parole del cantante-tifoso Riccardo “Galopeira” Angelini. «Ho rivisto tante volte quell’azione – ricorda Cafu a Roma Radio il 31 maggio 2016 – ogni volta che incontro i tifosi della Roma mi parlano di quel pallonetto, mi chiedono di raccontarlo. E’ stata un’azione veloce, rapida, bella da vedere. Nedved è un grandissimo calciatore, ma in quel momento non poteva fare niente». Da un cross di Cafu inizia peraltro l’azione che porta all’autogol di Paolo Negro, che decide quel derby a favore dei giallorosi.
Unico contrattempo di quella stagione, per Cafu, è il procedimento penale che lo vede coinvolto nella presunta falsificazione del suo passaporto di cittadino italiano. Capello, per evitare rischi, lo schiera comunque sempre come fosse un extracomunitario mentre il giocatore verrà assolto anni più tardi. L’avventura giallorossa si chiude nel 2003, un anno dopo il suo secondo titolo mondiale, conquistato in Giappone, da capitano del Brasile. La Roma è soltanto ottava in campionato e Cafu è tra quelli che finiscono sul banco degli imputati: dicono che non si impegni più, che abbia esaurito le sue mitiche accelerazioni sulla fascia. Viene lasciato partire a parametro zero e finisce al Milan, dove invece dimostra di avere ancora le pile cariche. Lascia in punta di piedi, ma i tifosi gli rimproverano la scelta rossonera. Torna in giallorosso all’Olimpico il 26 luglio 2007 per la festa degli 80 anni della Roma e lui, con Franco Tancredi, è l’unico ad essere fischiato. Cafu però non fa una piega, saluta gli spalti e sorride sempre, per tutta la serata. Perché ci vuole ben altro per fermare “pendolino” Cafu.
Nel frattempo lascia il calcio giocato, con il primato di 142 presenze (e 5 reti) nella nazionale brasiliana. Fantastico anche il suo tris di finali mondiali (due vinte e una persa tra il 1994, 1998 e 2002), impresa mai riuscita a nessun calciatore. Nel 2012 viene inserito nella Hall of Fame della Roma. Continua a lavorare nel mondo del pallone, come testimonial della Fifa e dello sport brasiliano: «Ho una mia fondazione in Brasile che segue 150 bambini – racconta Cafu a “Roma Radio” nel maggio 2016 – sono consulente dello sport per il governo brasiliano. Viaggio nel mondo rappresentando lo sport brasiliano. Sono sempre in giro e ho molte attività a livello internazionale. Inoltre ho una mia azienda per la gestione dei calciatori e la organizzazione e promozione di eventi. Non mi annoio». Il “pendolino” corre ancora veloce.
Fonti: “Tutti gli uomini che hanno fatto grande l’As Roma” di Adriano Stabile (UltraSport)
Archivio Ansa
Intervista di Cafu a Roma Radio del 31 maggio 2016