Il 9 gennaio c’è un compleanno che anche noi tifosi della Roma amiamo festeggiare. È quello del Cucs, il Commando Ultrà Curva Sud.
Il tifo romanista muove i primi passi a Campo Testaccio e allo Stadio Nazionale, ma le tracce iniziali del movimento ultras risalgono agli anni Settanta quando si affacciano le prime formazioni di tifo organizzato. La caratteristica di ogni gruppo è quella di provenire da un quartiere specifico. E poi c’è la politica, altro motivo di contrasto. Per questo, i capitifosi più saggi decidono di riunirsi sotto un unico nome che poi avrebbe fatto la storia del movimento ultras italiano insieme ad altri cinque o sei gruppi in altre città.
Il 9 gennaio del 1977 in Roma-Sampdoria compare in curva sud uno striscione rosso con la scritta in bianco: Commando Ultrà Curva Sud, progetto a cui aderiscono tutti i gruppi principali, dai Boys (che nei primi anni erano in Nord), ai Guerriglieri, alle Pantere, alla Fossa dei Lupi, mentre i Fedayn garantiscono un appoggio esterno. Importante, per la nascita del Cucs, anche il ruolo svolto da alcuni dirigenti dell’Associazione Italiana Roma Club.
Dopo due anni di straordinaria intensità di tifo e innovazioni coreografiche che coinvolgono l’intera curva, arriva il periodo più nero, quello legato alla scomparsa del tifoso laziale Vincenzo Paparelli. È il 28 ottobre 1979: dalla sud, nel prepartita di un Lazio-Roma partono tre razzi di quelli per le segnalazioni in mare. Il terzo finisce tra la folla e colpisce un padre di famiglia, allo stadio con la moglie. Durante tutto il giorno in città si susseguono violenti disordini.
Nei giorni successivi la tifoseria romanista è frastornata. C’è stato un morto. L’unico precedente in uno stadio di calcio risale al 1963, quando un tifoso della Salernitana perse la vita nei tafferugli scoppiati durante una partita con il Potenza. Ma è un precedente che non ricorda nessuno. Per tutti, quel 28 ottobre è la data in cui la morte entra in uno stadio. Una sorta di doloroso spartiacque. Dopo un periodo di latitanza Giovanni Fiorillo, il ragazzo di appena 19 anni che aveva comprato e sparato il razzo, si consegna alle autorità e insieme a lui uno dei due complici. Pagato il debito con la giustizia terrena, dopo qualche anno lo fa anche con quella celeste.
Dopo la morte di Paparelli vengono tempi difficili per la curva sud e in particolare per il Cucs. Il gruppo per due anni non può portare allo stadio il proprio striscione sostituito dal più generico “Forza ragazzi la Sud è con voi”. Tutto il materiale con il marchio degli Ultrà Roma viene considerato apologia di reato.
Dallo scudetto del 1983 alla cavalcata in Coppa dei Campioni persa ai rigori all’Olimpico contro il Liverpool, alla rincorsa sfumata del 1985-86 sull’inopinato ostacolo del Lecce, i romanisti sono visti con invidia ma anche con grande rispetto da tutte le tifoserie.
Tra le annate migliori della curva sud c’è quella della Coppa dei Campioni, in cui gli stessi inglesi del Liverpool nella finale restano a bocca aperta, ma anche quella della memorabile serata europea contro il Bayern Monaco nel 1985 in Coppa delle Coppe: la Roma perde in casa 2-1 contro i tedeschi e quella sconfitta sancisce la fine di un’epoca. La risposta al secondo gol del Bayern è il coro “Che sarà sarà ovunque ti seguirem, ovunque ti sosterrem, che sarà sarà”, cantato per 45 minuti.
Quasi alla fine degli anni Ottanta, dopo aver attraversato dieci anni di grande unità, nonostante la fuoriuscita dal Cucs dei Boys, il gruppo più antico della tifoseria (1972), che decide di riesporre il proprio striscione dopo la finale con il Liverpool, la curva si spacca. Una ferita indelebile, di cui ancora oggi si portano i segni. Nell’estate del 1987 la società decide di ingaggiare Lionello Manfredonia, ex giocatore di Juve e Lazio. Alla notizia il Cucs si divide: una parte, con numerosi esponenti del direttivo, decide di contestare la decisione di Dino Viola; l’altra, sia pur a malincuore, sceglie di continuare a sostenere la squadra. Così nascono il Cucs Gam (Gruppo Anti Manfredonia) e il Vecchio Cucs.
Ne segue una serie incredibile di contenziosi, tra cui la registrazione del marchio, ma soprattutto una scia di zuffe tra stessi tifosi della Roma che culminano nella serata di Roma-Genoa di Coppa Italia in cui si registra addirittura un accoltellato. La sud, nonostante gli attriti interni, resta ad alti livelli.
Nell’89 però arriva una tragedia che ne lacera l’anima: Antonio De Falchi, giovane romanista, viene ucciso da alcuni ultras del Milan fuori dallo stadio di San Siro. Qualcosa sta cambiando nel panorama del tifo organizzato e la Sud se ne accorge. Iniziano gli anni Novanta e dopo due stagioni di relativa unità in curva iniziano i cambiamenti. La squadra è ormai lontana dai fasti degli anni Ottanta. E con il campionato 89-90 si chiude un altro ciclo: la Roma gioca il campionato al Flaminio a causa dei lavori di ristrutturazione dell’Olimpico in vista dei Mondiali, ma nonostante le divergenze quello è un anno di sostanziale unità anche per il numero esiguo di tifosi “normali” e l’alta percentuale di ultras in curva (nel derby vinto con il gol di Voeller il settore riservato ai romanisti contiene solo 3000 persone).
L’anno successivo è quello della finale di Coppa Uefa, della Coppa Italia vinta contro la Sampdoria di Mantovani, ma è anche la stagione della morte dell’ingegner Viola (gennaio 1991). La società passa nelle mani di Ciarrapico.
In curva inizia un sofferto ricambio generazionale, mentre il Cucs non riesce a fare leva sui giovani. Con il nuovo Olimpico sorgono anche problemi logistici. Il settore della curva è passato da 12 mila a oltre 20 mila posti. Per chi organizza il tifo diventa così più difficile coinvolgere le file di posti più periferiche. Nascono decine di piccoli gruppi che si sciolgono e rinascono sotto altro nome in un continuo rimescolamento di carte.
Il Cucs nel 1992 tuttavia per il bene della curva (“La Curva unita è il nostro atto d’amore”, recita uno striscione) trova di nuovo l’unità. In quegli anni la squadra non brilla, a Ciarrapico subentra Sensi, mentre in Sud continua il ricambio. Il Cucs non riesce più a imporsi come gruppo guida federativo e il tifo ne risente. I contrasti con la dirigenza non favoriscono un clima di serenità. E poi subentra il problema della repressione: anche a seguito di gravi incidenti che hanno visto coinvolti alcuni romanisti, si inaspriscono le iniziative verso gli ultras.
La divisione, simile a quella pre 1977, si evidenzia nei derby. La scelta è spesso quella di non regalare alle telecamere del nuovo fenomeno pay-tv spettacoli coreografici, così aumentano i malumori. Sul finire degli anni Novanta si affacciano nuovi gruppi molto dinamici e innovativi sia nella scelta dei cori che nello stile, molto più casual rispetto alla tradizione italiana, fatta di tamburi e bandieroni, che il Cucs continua a portare avanti.
Inizia la stagione successiva. La Roma dopo l’esordio di Piacenza ospita l’Inter in casa nel posticipo. È il 12 settembre e quella notte il Cucs abdica in favore degli Asromaultras, che da quella sera diventano il gruppo guida della Sud, trovando l’appoggio dei gruppi storici come Boys e Fedayn, negli ultimi anni su posizioni autonome e defilate.
La curva mal digerisce il cambio della guardia soprattutto perché avvenuto in seguito a forti attriti tra gli ultimi ragazzi del Cucs e i nuovi Asru, tuttavia ben visti da alcuni esponenti della vecchia guardia. Tutti i gruppi della parte bassa decidono di non esporre più il proprio striscione e di formare un blocco unico capace di trainare nel tifo tutta la curva. Il Cucs non aderisce al progetto, e sentendosi in un certo senso tradito dalla sud, decide di farsi da parte senza sciogliersi, andando a occupare lo storico settore M19.
Negli ultimi anni alcuni simpatizzanti del glorioso gruppo seguono la partita dal settore di curva laterale, compreso tra la sud centrale e la tribuna Monte Mario, altri ancoa in Tevere. La sera del 27 dicembre 2015, in occasione della serata di beneficienza organizzata da Vincent Candela, sul muretto centrale è ricomparso lo storico striscione da trasferta Ultrà Roma, metà giallo e metà rosso con il glorioso lupetto. Recitava uno storico slogan di qualche anno fa: “Cucs: quando finirà la nostra storia, inizierà la nostra leggenda”.
Alcuni passaggi sono tratti dal libro fotografico “Sud – La Curva magica” a cura di Patrizio Cacciari, Edizioni Libreria Sportiva Eraclea (2014).
Le foto sono tratte dalla Pagina Facebook “UR 77 – Official Page”.